E’ passata circa una settimana dallo sgombero di oltre 150 migranti, soprattutto rifugiati o richiedenti asilo provenienti da Eritrea ed Etiopia, svolto dalla Polizia a Roma. Le polemiche non si sono arrestate, ma ora è stata aperta anche un’inchiesta contro un agente di polizia.
Le forze dell’ordine hanno fatto ricorso agli idranti per sgomberare l’area, azione condannata da molti, ma giustificata dalla Questura di Roma, la quale ha affermato che l’intervento è stato necessario dal momento che i rifugiati hanno rifiutato una soluzione offerta loro dal comune di Roma. Inoltre, secondo alcune informazioni, i migranti erano in possesso di bombole di gas e bottiglie incendiarie.
La polizia ha dichiarato che durante l’operazione sono stati aggrediti con sassi e bottiglie e l’utilizzo degli idranti ha fatto in modo che non venissero accesi fuochi o liquidi infiammabili.
Ciò che ha aggravato ancor di più la situazione riguarderebbe le parole pronunciate da un poliziotto nel corso dello sgombero registrate da alcune telecamere e riportate da Repubblica, per le quali è stata aperta immediatamente un’inchiesta interna: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio”.
Anche il capo della Polizia Franco Gabrielli riconosce la gravità di quelle parole e le condanna fermamente, aggiungendo però che la polizia, durante l’operazione di sgombero, ha fatto solo il lavoro richiesto e non deve diventare il capro espiatorio di quanto successo.
Lo stesso funzionario della polizia sotto inchiesta, qualche giorno dopo, ha dichiarato che è stata una “frase infelice, ma va contestualizzata”... in quei momenti in cui devi proteggerti, ma soprattutto proteggere i tuoi compagni e colleghi da attacchi esterni e violenti, le parole non hanno freno, ma solo chi ha vissuto quegli attimi può capire.
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