Che cosa è
L’artrosi del ginocchio, o gonartrosi, è la più comune malattia del ginocchio in età senile. È una malattia cronico-degenerativa che porta ad un danno articolare crescente fino a comportare un grado significativo di disabilità. Può essere grossolanamente definita una sorta di “usura” dei capi articolari, nella quale lo strato di cartilagine che riveste i condili femorali e i piatti tibiali si assottiglia progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e producendo escrescenze periferiche appuntite, gli osteofiti. Anche la rotula può essere coinvolta insieme con la sua superficie di scorrimento sul femore distale (la troclea). Nelle fasi più avanzate della malattia la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare un ginocchio rigido, in genere semiflesso e varo.
Chi ne è colpito
La gonartrosi è una patologia tipica dell’età avanzata (oltre i 60 anni), soprattutto nelle sue forme primarie (ovvero a causa ignota), che, contrariamente all’artrosi dell’anca, prediligono il sesso femminile. Quando l’artrosi consegue ad una condizione morbosa pre-esistente, ovvero è secondaria, l’età media di insorgenza può abbassarsi notevolmente (40-50 anni).
Come si manifesta?
La gonartrosi primitiva è una condizione di cui non è nota la causa determinante. L’ambito delle forme primitive è destinato inevitabilmente a restringersi con il progredire della conoscenza della malattia. Pare che l’obesità (e quindi il maggior carico) insieme a fattori predisponenti costituzionali giochi un ruolo importante nella progressione della malattia. Le cause più comuni di gonartrosi secondaria sono i postumi di fratture articolari del ginocchio, i mal allineamenti (ginocchio varo e valgo), il disallineamento dell’apparato estensore, le instabilità (rottura inveterata dei legamenti crociati), i postumi di interventi oggi non più praticati di meniscectomia totale e quelli di osteocondrite dissecante e di osteonecrosi condilica. Raramente si riconoscono anche cause sistemiche, quali alcune malattie dismetaboliche. Il ginocchio artrosico è innanzitutto dolente (gonalgia). Il dolore, che è esacerbato dalla flessione massima, è in genere ben localizzato. Non di rado una coesistente cisti di Baker, raccolta fluida palpabile nell’incavo del ginocchio (poplite), provoca una fastidiosa sensazione di tensione o pressione nell’incavo del ginocchio. Il dolore in principio è occasionale, conseguente in genere a sforzo (es. una lunga camminata, alcune rampe di scale…) e viene prontamente alleviato dal riposo. Con il tempo esso può divenire permanente, fino a disturbare il sonno. Il dolore indotto dal carico determina una claudicazione di fuga: in altre parole, il paziente tende a caricare poco sull’arto dolente, accorciando la fase di appoggio sul piede corrispondente. La zoppia, oltre che da questo meccanismo protettivo, deriva anche dalla progressiva flessione del ginocchio, che, non potendosi più estendere completamente, rende difficoltosa la deambulazione. Nelle fasi avanzate, l’usura spesso asimmetrica dell’articolazione tende a determinare un mal allineamento in varo o valgo o ad aggravarne uno pre-esistente.
Quali esami sono utili?
La diagnosi di gonartrosi è squisitamente radiologica. È sufficiente una radiografia sotto carico nelle due proiezioni standard (anteroposteriore e laterale) per evidenziare i quattro segni radiologici fondamentali dell’artrosi: riduzione della rima articolare, addensamento dell’osso sotto la cartilagine, geodi (ovvero cavitazioni dell’osso, più rare nel ginocchio di quanto non si osservi nell’anca) e osteofiti. Non si sottolinea mai abbastanza la necessità che questa radiografia venga eseguita in carico, cioè con il paziente in piedi, così da dimostrare con certezza la riduzione della rima articolare. In preparazione ad un intervento chirurgico è bene eseguire ulteriori indagini, che permettano di pianificare al meglio la procedura: in genere una teleradiografia sotto carico (ovvero una lastra lunga che comprende la totalità degli arti inferiori per valutare eventuali correzioni assiali necessarie durante l’intervento) e le proiezioni assiali della rotula (con ginocchio flesso a 30° e 60° per valutare la necessità di protesizzare anche la rotula) completano così il quadro. Nella valutazione di un ginocchio artrosico TAC e RMN sono esami poco utili.
Come si cura
Nelle forme iniziali e caratterizzate da una significativa deviazione assiale (ginocchio varo o valgo), è possibile eseguire interventi correttivi (le cosiddette osteotomie) che, riallineando l’arto, arrestano o rallentano la degenerazione articolare. In questo modo è possibile, su pazienti relativamente giovani, posticipare di molti anni o persino evitare la sostituzione protesica del ginocchio. A volte l’artroscopia con “lavaggio” dell’articolazione può migliorare temporaneamente la situazione nei casi di artrosi iniziale. I trapianti di cartilagine sono riservati ai danni localizzati della superficie articolare (infortuni, osteocondrite, …). Le forme iniziali e medie possono trovare un temporaneo (ma a volte abbastanza duraturo) giovamento nella visco-supplementazione locale. Questa terapia, di competenza prettamente specialistica, viene eseguita mediante una serie di 5-6 infiltrazioni endoarticolari di preparati a base di acido ialuronico di diverso peso molecolare, ripetuti a cicli di 8-10 mesi. La finalità della visco-supplementazione è il miglioramento della lubrificazione del ginocchio e del trofismo delle cartilagini. L’ infiltrazione cortisonica, da non confondere con la visco-supplementazione (solo la via di somministrazione accomuna questi due presidi), è uno strumento potente, capace di risolvere rapidamente un quadro infiammatorio locale che a volte si sovrappone alla gonartrosi. Poiché i cortisonici possono deteriorare le strutture nobili intra-articolari (cartilagini, menischi e legamenti), andrebbero riservati solo a pazienti che non siano candidati a procedure conservative (come le osteotomie o le protesi monocompartimentali). La terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato alla protesizzazione (perché ancora poco sintomatico o inoperabile). La categoria farmacologia fondamentale è rappresentata dagli antiinfiammatori/antidolorifici, mentre alcuni integratori dedicati (preparati a base di glucosamine e composti analoghi) hanno un effetto benefico nel rallentare la degenerazione del tessuto cartilagineo. Poiché il ginocchio è circondato da un “astuccio” osseo solido e spesso, le comuni Terapie fisiche (laser, ultrasuoni, elettroforesi…) risultano in genere poco efficaci. Maggiori possibilità di successo (sia pure temporaneo) sono date dalla radarterapia e dall’elettroterapia, soprattutto nei pazienti magri. Nei soggetti obesi il calo ponderale ottiene grandi benefici e può prevedibilmente rallentare l’evoluzione del danno articolare, mentre un moderato esercizio fisico in assenza di carico (nuoto, bicicletta) permette di conservare più a lungo la mobilità e il trofismo muscolare, ritardando la comparsa di rigidità. Ovviamente le attività fisiche in carico, come il jogging, e tutti gli sport di contatto sono da evitare, poiché potrebbero accelerare la progressione del danno cartilagineo.
PROTESI TOTALE
La chirurgia è indicata quando i vari trattamenti conservativi (medicamenti, fisioterapia, infiltrazioni, …) non permettono più di ridurre la sintomatologia dolorosa. L’intervento consiste nel sostituire la parte danneggiata del ginocchio con una protesi composta da una parte metallica e una parte di plastica. A seconda dello stato del ginocchio il medico effettuerà una protesi totale o parziale (sostituzione totale o parziale) del ginocchio. Ci sono diversi tipi di protesi del ginocchio, ma tutte sono composte da 3 parti: la componente femorale metallica, la componente tibiale metallica e la componente intermedia di plastica fissa o mobile. A volte la parte articolare della rotula o patella viene pure sostituita. A seconda dei casi la protesi viene fissata con o senza l’ausilio di una speciale colla (cemento). Le protesi senza cemento sono rivestite da una superficie rugosa nella quale l’osso crescerà. Il chirurgo sceglierà il tipo di protesi più adatto al paziente. Esistono oggi alcune protesi che ripristinano il movimento e la biomeccanica del ginocchio nativo: le protesi a pivot mediale che ampiamente usiamo nella pratica clinica nel nostro ospedale.
L’intervento
Il paziente viene ricoverato solitamente il giorno prima dell’intervento. In ospedale verranno effettuati gli esami preoperatori in pre-ricovero qualche settimana prima (per es. radiografia torace, prelievo sangue, elettrocardiogramma). Il paziente non deve assolutamente né mangiare né bere 6 ore prima dell’intervento.
L’operazione è eseguita nella maggioranza dei casi in anestesia perdurale o spinale (iniezione dell’anestetico a livello della schiena ciò che addormenta gli arti inferiori) e poche volte in anestesia generale. Una buona analgesia post-operatoria permette una rieducazione precoce e indolente. Spetta comunque all’anestesista di decidere e scegliere il metodo più idoneo a seconda del paziente. L’intervento di protesi totale del ginocchio dura da 1,5 ore. L’incisione cutanea è lunga circa 20 cm longitudinale sulla parte anteriore del ginocchio. L’articolazione viene aperta ribaltando la rotula. L’estremità del femore e della tibia sono preparati in modo minuzioso per ricevere l’impianto protetico scelto. I menischi e il legamento crociato anteriore vengono tolti. Tutti gli altri legamenti sono lasciati in sede. A volte la parte articolare della rotula è anche sostituita. Per posizionare esattamente la protesi il chirurgo utilizza degli strumenti di taglio con guida meccanica. La ferita è chiusa con dei clip. Nel nostro reparto normalmente non utilizziamo drenaggi.
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