lunedì 1 febbraio 2021

Prp e fattori di crescita

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Che cosa è

Il P.R.P. o plasma ricco in piastrine è un derivato del sangue autologo composto da una frazione plasmatica con una concentrazione piastrinica superiore ai valori normali. Il principio alla base della metodica si basa sulla peculiarità di queste porzioni cellulari piastriniche. Esse infatti rilasciano dei mediatori chimici contenuti nei loro granuli, in grado di innescare il processo di guarigione tissutale. Sono in grado per esempio di attivare le fibrille del collagene o di indurre la formazione di coaguli di fibrina.

Alcuni dei principali mediatori piastrinici sono:
  • PDGF (responsabile della azione mitogena, angiogenica e upregolatrice sugli altri mediatori)
  • VEGF (responsabile della azione angiogenica)
  • EGF
  • FGF (responsabile della stimolazione dei fibroblasti per la sintesi di collagene)
  • IGF
  • TGF-beta
  • CTGF
  • KGF
A chi la metodica può essere rivolta

Il P.R.P è una metodica che trova largo impiego in medicina. Ha applicazioni in chirurgia plastica per la rigenerazione tissutale, in odontoiatria per la sintesi degli impianti, in medicina estetica per la rigenerazione dei tessuti cutanei e dei loro annessi ed infine trova largo uso in ortopedia.
Può essere utilizzata come metodica adiuvante durante i trattamenti chirurgici in sala operatoria su fratture particolarmente complesse e con scarsa tendenza alla guarigione (psuedoartrosi) oppure in modo ambulatoriale.
A questo proposito, trova indicazione per patologie ossee, cartilaginee, tendinee, muscolari ed articolari.
Nel caso specifico delle lesioni muscolari, il medico grazie all’ausilio della anamnesi, esame obiettivo e diagnostica per immagini, è in grado di individuare correttamente la lesione muscolare. Si ricorda a tal riguardo che le lesioni dei muscoli e tendini non sono tutte uguali.
Grazie ad una serie di classificazioni che nel tempo sono diventate sempre più precise ed articolate, il medico clinico può optare per uno specifico trattamento.
A livello muscolare più frequenti sono le lesioni, strappi e gli stiramenti muscolari, secondari a traumi diretti o indiretti.
Le principali indicazioni al trattamento con P.R.P. sono le lesioni strutturali indirette (dal I al III grado) e le lesioni muscolari dirette di grado lieve e moderato.

Criteri di esclusione al trattamento con P.R.P sono:
  • Disturbi della coagulazione
  • Deficit piastrinici
  • Patologie infettive in fase acuta
  • Neoplasie sistemiche (ad es. linfomi e leucemie)
Nelle lesioni muscolari si verifica una perdita della funzionalità del muscolo.

Il processo riparativo segue 3 fasi successive:
  • INFIAMMAZIONE: i neutrofili migrano e rilasciano citochine come TNF-alpha, chemochine come CCL17 e fattori di crescita come PDGF. L’effetto è una “chiamata” o chemiotassi dei monociti e macrofagi che contribuiscono ad eliminare il tessuto lesionato e le cellule necrotiche.
  • PROLIFERAZIONE: dal IV giorno alla IV settimana si attivano le cellule satelliti le quali si differenziano in mioblasti (cellule precursori del tessuto muscolare). Si attivano i fibroblasti ed inizia il processo di neovascolarizzazione.
  • MATURAZIONE E RIMODELLAMENTO: il tessuto fibrotico prodotto per “arginare” inizialmente la lesione in atto, viene progressivamente sostituito con tessuto muscolare giovanile che si rimodella grazie ad una serie di impulsi chimici come i mediatori (ad es. TGF-beta) e meccanici dato dallo stesso movimento dell’arto.
Come si decide

L’indicazione al trattamento con P.R.P. è a discrezione del medico.

Non esiste un unico tipo di trattamento, ma diverse forme dello stesso:
  • PRP puro
  • PRP con leucociti
  • PRP con fibrina
  • PRP con fibrina e leucociti
  • ACP
La scelta di un tipo di metodica dipende dalla patologia di base.
Nel caso delle lesioni muscolari, è fondamentale discernere il tipo di lesione. La valutazione clinica da sola è in grado di fornire un’ipotesi diagnostica, che può essere o meno confermata dalla storia clinica.
Il completamento del percorso diagnostico si avvale dell’utilizzo delle metodiche di imaging. I due esami principali per le lesioni dei tessuti molli sono l’ecografia e la risonanza magnetica.
Il primo è un esame semplice, riproducibile ed economico che può essere eseguito ambulatorialmente. Il secondo è un esame con un alto potere di risoluzione sui tessuti molli che può essere eseguito in centri di riferimento.
È importante sottolineare che l’esecuzione e la lettura di un referto di RMN è di competenza dello specialista Radiologo, ma l’ipotesi diagnostica che motiva l’esecuzione dell’esame è del medico clinico.
Si consiglia pertanto di non eseguire autonomamente l’esame se non dopo un sospetto diagnostico.
La motivazione risiede nel fatto che il radiologo possa cambiare le impostazioni di base dell’apparecchio, aumentando ulteriormente il potere di risoluzione della metodica ad esempio eseguendo delle sequenze specifiche per le lesioni muscolari, piuttosto che un esame standard.

PRP nell’osteoartrosi (OA)

L’artrosi è una patologia degenerativa che interessa le superfici articolari ricoperte da cartilagine. Si presenta in diverse forme cliniche: la primaria è detta anche idiopatica, interessa generalmente gli anziani. Si presenta come la normale evoluzione del processo di invecchiamento delle articolazioni. Non riconosce una causa scatenante principale.
La forma secondaria, invece, riconosce dei fattori scatenanti come traumi, interventi chirurgici, problemi meccanici o problemi settici. Entrambe possono essere a loro volte suddivise in base alla sede in localizzata, se interessa una sola articolazione (monoarticolare) o diffusa, se interessa più articolazioni (pluriarticolare).
Da un punto di vista epidemiologico la OA è la causa più comune di disturbi dolorosi, colpisce il 10% della popolazione adulta in generale e il 50% della popolazione over 60 anni. È più frequente nei soggetti di sesso femminile sia come riscontro radiografico che clinico. Si annoverano degli importanti fattori di rischio generali come l’età, il sesso femminile, l’obesità, l’alterazione della biomeccanica articolare (alterazioni anatomiche, difetto degli stabilizzatori) e in ultimo i microtraumi ripetuti nel tempo. Alcuni di questi sono immodificabili come l’età, altri invece possono essere modificati e pertanto dare una chance di rallentamento della patologia. Il più importante fattore modificabile è l’aumento ponderale.
Con l’aumentare del peso corporeo, si generano nell’organismo una serie di disturbi, non solo cardiocircolatori, ma anche ortopedici. La patologia colpisce non solo la cartilagine ma anche osso subcondrale (osso a contatto con la cartilagine interessata dalla patologia), capsula articolare, ligamenti e membrana sinoviale.

Da un punto di vista clinico il quadro ha un andamento cronico progressivo a decorso lento con episodi di pousses alternati a periodi di benessere. La sintomatologia può non essere concorde al quadro radiografico. È di riscontro frequente una sintomatologia lieve su un quadro radiologico importante. L’elemento più caratteristico è il dolore che esordisce nelle sedi sottoposte a carico come ginocchio, anca e colonna. Inizialmente è intermittente, peggiora con il movimento e il carico (elemento fondamentale per distinguere un dolore meccanico da uno infiammatorio) e regredisce con il riposo. Il quadro peggiora nel tempo fino a causare un dolore è continuo che non migliora con il riposo, ma necessità di FANS e analgesici.
La diagnosi è principalmente clinica e radiografica. Quattro sono i principali elementi individuabili su una lastra richiesta in doppia proiezione e sotto carico. La riduzione della rima articolare è espressione della riduzione condrale. Il danno dell’osso subcondrale si presenta come sclerosi, segno di infiammazione e geodi, formazioni cistiche.

Il trattamento della OA parte dalla sua prevenzione. I pazienti dovrebbero essere educati ad uno stile di vita sano, un corretto regime alimentare ed una regolare attività fisica. La chinesiterapia con lo scopo di rinforzare i muscoli articolari e recuperare il ROM è alla base del trattamento. L’obiettivo è ridurre il dolore, aumentare la funzione rallentando la disabilità. Ad oggi non è presente un farmaco in grado di trattare questa patologia. Si utilizza l’analgesia secondo la scala OMS del dolore per la gestione delle fasi algiche. La condroprotezione ha dimostrato di rallentare l’evoluzione del quadro. Essa comprende l’introduzione per via orale di ricostituenti della matrice cartilaginea, così come per via iniettiva intrarticolare, come ad esempio acido ialuronico. Quando nessun trattamento conservativo è più in grado di controllare l’intensa sintomatologia, il paziente ricorre alla sostituzione protesica.

Quali esami sono utili

Prima di poter effettuare la procedura sono richiesti:
  • Anamnesi (raccolta della storia medica del paziente recente e passata)
  • Esame obiettivo (volto ad individuare la sede della lesione e confermare l’indicazione al trattamento con P.R.P.)
  • Esami strumentali (RMN o ecografia)
  • Esami di laboratorio (emocromo completo, profilo della coagulazione, marker sierologici per epatite B, epatite C ed HIV)
Ruolo chiave della procedura è l’esecuzione degli esami di laboratorio.

Nel caso del policlinico di Bari, l’UOC di Ortopedia e Traumatologia, collabora attivamente con la Banca Trasfusionale. Tramite un percorso condiviso e strutturato i pazienti arruolati per il trattamento devono necessariamente avere un “second look” dalla Banca del sangue.

In questa sede si eseguono:
  • Visita medica
  • Prelievo venoso per la preparazione del P.R.P. (la banca del sangue sullo stesso prelievo esegue dei test di conferma)
La procedura

Dopo aver posto indicazione al trattamento con P.R.P., il paziente esegue autonomamente gli esami di laboratorio prescritti dal medico allo scopo di individuare motivi di esclusione. Il giorno della procedura giunge in clinica ortopedica in Day Hospital e dopo una breve valutazione riceve il modulo per la donazione indicante la percentuale e il tipo di P.R.P richiesto.

Nel caso di una marcata retrazione muscolare, l’intervento consiste in una procedura definita “tenorrafia” o sutura del tendine. Per via chirurgica si giunge sul focolaio di lesione, si reperta la lesione, la si mobilizza dai tessuti circostanti e tramite appositi strumenti, la si riporta nella sua posizione originale. Intra-operatoriamente si valuta la stabilità del tendine suturato. Si sutura per strati avendo cura di detergere con disinfettanti. Solitamente al paziente viene dimesso con l’arto operato in ortesi o valva gessata.

Successivamente si reca presso la banca del sangue del policlinico di Bari sita difronte alla clinica ortopedica. In sede, segue una valutazione di medicina trasfusionale ed il prelievo di sangue venoso. Tramite apposita strumentazione, una centrifuga separa le varie componenti del sangue per ricavarne il P.R.P. che viene restituito al paziente. Il paziente torna in clinica ortopedica per il trattamento infiltrativo. A seconda della sede e del tipo di lesione, può essere necessario eseguire la procedura con l’ausilio di un ecografo. Solitamente nelle lesioni muscolari si esegue una sola infiltrazione (one shot) di 3-6 cc ad una concentrazione compresa tra 2 e il 7%. Al termine della stessa, il paziente viene osservato prima della sua dimissione. Il trattamento richiede all’incirca 4-6 ore (dal momento di arrivo in clinica ortopedica sino alla dimissione a domicilio). È importante sottolineare che al paziente viene consegnata una lettera di dimissione di day hospital che include un trattamento antibiotico periprocedura (generalemente per 4 giorni dalla somministrazione del P.R.P.) ed una serie di esercizi che il paziente segue scrupolosamente fino al successivo controllo clinico (generalmente a 30-45 giorni). Se necessari, possono essere rischiesti ulteriori controlli di followup (in base al tipo di lesione e procedura), il followup medio per la patologia muscolare è di circa 6-8 mesi. Si monitorano durante il suddetto periodo VAS (scala del dolore), RMN o ECO ad un mese dal trattamento, SPA (assenza partecipazione sport).


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