martedì 9 febbraio 2021

Stress eventi di vita e psicopatologia

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Lo stress definisce lo stato psicofisico in cui un individuo si trova quando è di fronte a situazioni ambientali o esperienziali che richiedono di modificare lo stile di pensiero e di comportamento per raggiungere un nuovo adattamento che sia funzionale al proprio benessere. La capacità di adattamento permette di dare continuità alla propria vita perché chi è in grado di riadattarsi ha sempre una possibilità di trovare un significato e uno scopo da dare alla propria esistenza. 
Evolutivamente, sia per gli animali che per gli uomini, ogni cambiamento importante è fonte di stress. Per gli esseri umani, il cui habitat è di natura sociale, i cambiamenti che possono essere fonti di stress sono di natura quasi sempre relazionale, la morte di una persona cara, la nascita di un figlio, cambiare città, divorziare, un figlio che diventa adolescente o, addirittura, diventare adolescenti... In definitiva qualunque evento comporti una modifica sostanziale della nostra vita e delle nostre abitudini destabilizza il nostro equilibrio. Lo stress è quindi fisiologicamente parte della vita, ciò che lo rende un fattore potenzialmente patogeno è il modo in cui lo si affronta. 
Come tale può essere considerato un fattore trasversale a diversi disturbi psicopatologici quali: lutti complicati, disagi adolescenziali, situazioni che rendono il puerperio una condizione di rischio, il confronto con malattie gravi e invalidanti. E’ la modalità di gestire il nostro stato di stress che ci porta a sviluppare stati ansiosi o depressivi, ma la capacità di far fronte a situazioni stressanti dipende dalle risorse personali e sociali su cui possiamo contare. Le radici etimologiche di questo termine riportano ad una condizione di strettezza e al senso di oppressione, per uscire dai quali è necessario fare uno sforzo, ossia modificare la situazione che crea oppressione in modo attivo, far sì che quel luogo stretto si allarghi in qualche maniera, o trovare il modo di uscirne. A volte è possibile avere gli strumenti per cambiare le situazioni altre volte cambiare la situazione è impossibile e l’unica via d’uscita è trovare le risorse per riadattarsi a vivere in maniera diversa ma il più possibile soddisfacente per sé stessi. Questo è quello che avviene nel caso di un lutto o di una grave malattia. Le modalità che vengono adottate per fronteggiare la destabilizzazione affettiva e cognitiva, provocata dallo stress, vengono definite strategie di coping. Quando le nostre risorse non sono sufficienti a fronteggiare gli eventi problematici la persona soccombe rimanendo in uno stato di destabilizzazione che può dare origine a quello che viene comunemente chiamato esaurimento nervoso, che si presenta con una coorte di sintomi fisici e somatici quali ansia, depressione, stanchezza, irritabilità, disturbi gastrici, respiratori e cefalea. Nei casi in cui lo stress è violento o prolungato nel tempo si può assistere allo sviluppo di disturbi traumatici che si manifestano con sintomi ansiosi e depressivi di diversa intensità fino al disturbo post traumatico da stress, PTSD, che è il livello più grave di manifestazione dello stress.

Le declinazioni dello stress: eustress e distress 

Lo stress non è però necessariamente negativo come siamo abituati a considerarlo, anzi, in realtà è proprio lo stato che ci permette di attivarci per trovare il modo di uscire dalle situazioni problematiche! Se ne distinguono due tipologie, l’eustress e il distress. L’eustress è una forma di stress positivo che ci aiuta a far fronte alle difficoltà che si presentano nella vita quotidiana preparando il nostro sistema cognitivo e comportamentale a trovare le risorse più adeguate per poterci adattare alle nuove situazioni. L’eustress può essere quindi definito come una condizione psicofisica che facilita la risoluzione di problemi ed è funzionale al processo di adattamento (Selye 1936). Un esempio di eustress è lo stato di attivazione che permette ad uno studente di rimanere concentrato sulle sue prestazioni nel giorno dell’esame, oppure lo stato di attivazione di uno scalatore che gli consente di attingere forza, destrezza fisica ed elevati livelli di attenzione per raggiungere l’agognata vetta. Il distress è invece una forma di stress negativo che si presenta quando la condizione di pressione a cui siamo sottoposti è prolungata e il livello di attivazione, che non diminuisce, genera uno stato di squilibrio sia fisico che psichico. Questo stato si presenta quando, nonostante gli sforzi, non riusciamo a trovare un modo per affrontare l’evento che abbiamo di fronte.

Fisiologia della reazione di stress 

In che modo lo stress modifica il nostro equilibrio psicofisico? Selye descrive lo stress come una sindrome generale di adattamento (GAS) in risposta a una situazione ambientale (stimolo stressante) che richiede una modifica dello stile cognitivo, emotivo e comportamentale del soggetto ed è costituita da tre stadi:

- Reazione d’allarme 
coinvolge l’attivazione del sistema nervoso simpatico che attiva l’organismo per reclutare le risorse cognitive e comportamentali che permettono di organizzare nell’immediato azioni orientate ad affrontare la situazione destabilizzante. Il sistema nervoso simpatico dal punto di vista evolutivo presiede alle primitive reazioni di difesa del tipo attacco/fuga ed è operante quindi in situazioni di difficoltà. L’attivazione del sistema nervoso simpatico aumenta i livelli di attenzione, la velocità di valutazione e la reattività motoria.

- Resistenza o fase di adattamento 
è caratterizzata dai tentativi dell’organismo di contrastare gli stimoli stressanti (superare la difficoltà). Ciò avviene attraverso un prolungamento dello stato di attivazione che è sostenuto da un meccanismo fisiologico di rilascio ormonale che permette di mantenere più a lungo nel tempo l’assetto cognitivo e comportamentale richiesto per facilitare la ricerca di soluzioni all’evento stressante, finchè non si risolve.

- Recupero o esaurimento 
il recupero, o esaurimento, dipendono dall’esito della fase di adattamento. Quando le strategie adottate consentono un buon adattamento alla nuova situazione, allora lo stato di attivazione si allenta progressivamente e l’organismo ritorna in uno stato di equilibrio psicofisico. Se, al contrario, non si riesce a trovare una modalità di adattamento positivo le modifiche causate dallo stato di attivazione cronicizzano. E’ come se l’organismo rimanesse nell’assetto fisiologico per la ricerca di soluzioni che però non vengono mai trovate, in un costante stato di iperattivazione. Questo stato provoca un’alterazione permanente delle condizioni psicofisiche che si esprime con tutta una serie di sintomi fisici e psicologici che sono il segnale che il processo di adattamento è fallito.


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