Antonio Attianese è venuto a mancare un mese fa, a soli 38 anni, nella sua casa di Sant’Egidio del Monte Albino (Salerno). Lascia una moglie e due figli, di 5 e 6 anni, dopo «un calvario psicofisico e burocratico». Così l'aveva definito lo stesso militare che si era arruolato negli Alpini paracadutisti.
Un calvario iniziato 13 anni fa, dopo due missioni in Afghanistan: a Kabul, per Isaf, dal maggio al settembre 2002, e a Khost, per Enduring Freedom, dal febbraio al maggio 2003.
La missione più dura per Attianese si presenta però al rientro in Italia: gli vengono trovate tracce di sangue nell’urina. La diagnosi parla di carcinoma alla vescica.
Ben 35 interventi chirurgici subisce l'ex caporal maggiore, «al momento del decesso ancora abbandonato dallo Stato e dalle Istituzioni, dalle quali ha ricevuto dodici anni di inspiegabili omissioni e assordanti silenzi». A scriverlo in una nota, nelle scorse settimane, le associazioni Assoranger e Assomilitari, da lui presiedute e fondate da commilitoni che avevano sposato la sua causa.
A tal proposito, ConvenzionIstituzioni ha intervistato il Maresciallo Ernesto Pallotta, fondatore di UNARMA nel 1993, che «fu la prima a denunciare nel 2000 casi di morti e malattie riconducibili all'uranio impoverito tra i Carabinieri di ritorno da missioni all'estero, in particolare dall'Iraq».
«Le denunce portate avanti da Unarma dei Carabinieri attraverso l'organo stampa della nostra associazione, fondato 20 anni fa – prosegue il Maresciallo - accesero i riflettori su una problematica purtroppo ancora attuale».
Il Maresciallo spiega che oggi sono diverse le associazioni italiane impegnate sul tema dell'uranio impoverito. Tra queste, evidenzia ANA-VAFAF (Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti) e l’Osservatorio Militare (Osservatorio permanente e centro studi per il personale delle forze armate, forze di polizia e società civile).
Diversi sono stati i casi seguiti da Unarma dei Carabinieri, «battaglie giudiziarie decennali, fatte di perizie e incontri con i comitati di verifica, che hanno consentito ai militari coinvolti di vedersi riconoscere, come cause delle loro malattie, l'esposizione all’uranio impoverito - sottolinea Pallotta -. Un riconoscimento, prima che economico e pensionistico, di dignità e umanità per i soldati e le loro famiglie», dice con commozione il Maresciallo ricordando «i colleghi e gli amici che, ancora oggi, lottano per avere un adeguato trattamento da parte dello Stato. Mi auguro – conclude Pallotta – che possano arrivare presto le giuste risposte anche per la famiglia di Antonio Attianese e per tutti i militari e che hanno vissuto e vivono drammi di questo tipo».
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